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Solidago, la Verga d’Oro che Purifica e Lenisce

Grazie ad una passeggiata all’Orto Botanico di Brera, incontro a fine luglio delle bellissime piante di Solidago canadensis. Vive, forti, e ricchissime di fiori, si presentano luminose e radiose, col loro giallo ricco che pare una vera macchia di luce all’interno del giardino.

Solidago canadensis

Apprezzata dalle api, la Solidago canadensis mi attrae per il suo portamento, e per i fiori che sono fitti, quasi a creare una piccola “foresta gialla”, e allo stesso tempo sono delicati, danno un senso di leggerezza gioiosa.

Il genere Solidago è composto da tantissime specie, e la più conosciuta è la Solidago virgaurea, dalla quale poi viene il nome “Verga d’oro”. Ho l’opportunità di berla in infuso, e subito mi arriva la sensazione del suo potere antinfiammatorio. Segue una sensazione di rilassamento, e la percezione del principio amaro, che è presente ma non è eccessivo. La Verga d’oro è conosciuta per le sue proprietà diuretiche e epatiche, e quindi viene utilizzata nella pratica erboristica per sostenere il ricambio dei fluidi. Il suo colore giallo fa pensare proprio al suo tropismo epatico, e unendo queste qualità di aiuto al fegato e ai reni, possiamo considerare questa pianta un buon depurativo ed equilibrante.

Solidago canadensis

Si percepisce anche la sua qualità antispasmodica, e ricordiamo poi che il suo valore antinfiammatorio può essere apprezzato facendo degli sciaqui con l’infuso, per esempio io la uso se ho un pò di infiammazione alle gengive.

La Solidago virgaurea, ma anche la Solidago canadensis, sono dei buoni cicatrizzanti e se ne può ricavare un oleolito da applicare sulla pelle, o da trasformare successivamente in un unguento.

Avevo scritto tempo fa come si prepara un oleolito, trovi qui la ricetta.

Questa pianta ha una presenza intensa, e riunisce molte qualità che possono essere di beneficio nella vita di tutti i giorni. Mi piace berla in tisana, e la preparazione dell’oleolito ti permetterà di avere a disposizione un buon prodotto per la pelle. Il nome “Solidago” infatti non è casuale, ma significa sostanzialmente “rendere solido”, “consolidare“, e quindi cicatrizzare.

Solidago canadensis

Tutte queste qualità vengono mantenute anche nell’olio essenziale, che non è facile da trovare in erboristeria, ma che alcuni siti online propongono. Chiaramente per uso interno è preferibile a mio avviso l’utilizzo della tisana, mentre per prodotti per la pelle, e per il massaggio, l’olio essenziale sicuramente è interessante.

La sua qualità rilassante porta verso una calma “che nasce da dentro”, e questa pianta così bella ci mostra forse la via per ritrovare la calma in noi stessi, cioè lasciando andare le tossine (fisiche ed emotive), lasciando andare la bile (la rabbia…) e attivando un processo interiore (e non solo della pelle) per consolidarci e ritornare verso l’unità con noi stessi.

 

 

I Profumi nell’Antica Roma: la testimonianza di Plinio il Vecchio sulla Composizione dei Profumi nell’Antichità

Plinio il Vecchio ci racconta nella sua Storia Naturale molti particolari sugli usi della Profumeria antica, e in particolare quella di Roma e del bacino Mediterraneo.

Plinio racconta: “Non saprei dire facilmente quando sia penetrato per la prima volta a Roma l’uso del profumo. Certo è che, debellati il re Antioco e l’Asia, nell’anno 189 a.C. i censori P.L. Crasso e L.G. Cesare promulgarono un editto che vietava a chiunque di vendere profumi esotici. Eppure qualcuno ormai, per Ercole, li mischia anche alle bevande, e il loro aspro aroma è tenuto in così grande considerazione che il corpo trae piacere dall’abbondante odore sia all’interno che all’esterno”.

Vediamo quindi che nell’antica Roma l’uso dei Profumi era ampio e abbondante, e che il loro uso sul corpo era correlato anche al loro uso in cucina: ne avevo accennato in un mio precedente articolo riguardante le ricette dei vini profumati di Apicio.

Profumi antichi a Roma, uso del Cinabro

Cinabro, foto H.Zell – Wikipedia

E Plinio ci aiuta anche a capire che cosa fosse inteso all’epoca per Profumo: “due sono gli elementi utilizzati per la fabbricazione del profumo, il succo e l’essenza: il primo, in genere, consiste nei vari tipi di olio, la seconda negli odori; nell’un caso si parla di elementi astringenti, nell’altro di aromi. Un terzo elemento, connesso con questi, del quale molti non fanno menzione, è il colore; per produrlo si aggiungono cinabro e anchusa. Una spruzzata di sale ha la funzione di mantenere inalterata la natura dell’olio. Ai profumi cui sia stata aggiunta anchusa non si aggiunge sale. Si addizionano resina o gomma per fissare all’essenza l’aroma che, in caso contrario, rapidissimamente svanisce e si perde”.

Aryballos, contenitore per profumi antichi

Aryballos, foto Wikipedia

Ecco una descrizione completa della composizione di un Profumo dell’Antichità; odore, consistenza e…colore. Questo aspetto attualmente viene poco valutato, ma in effetti l’aspetto del colore, soprattutto utilizzando materie prime naturali, si pone, visto che quasi mai è possibile ottenere la trasparenza, e anzi, il colore potrebbe essere indotto utilizzando alcune essenze o addizionando il Profumo di sostanze tintorie.

Anche all’epoca c’era il problema della conservazione delle sostanze (un problema sentito molto di più che al giorno d’oggi!) e il sale rappresentava sicuramente una sostanza facilmente reperibile in grado di mantenere inalterate le qualità del prodotto per un periodo medio-lungo. Anche la presenza di resine e gomme dava stabilità alla creazione profumata, in modo naturale. Ancora oggi nei Profumi botanici utilizziamo le resine per dare consistenza e stabilità, e per fissare le sostanze olfattive più volatili.