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profumo di abete bianco, visioni e orizzonti

Abete bianco, Wikicommons

Uno dei miei profumi preferiti? L’olio essenziale di Abete bianco. Nessun sempreverde ha mai ispirato in me una sensazione così intensa di “orizzonte e ampiezza”.

Questo albero che può raggiungere i 50 metri di altezza, e con caratteristiche notevoli di longevità, abitante delle altitudini (si trova bene anche oltre i duemila metri), parla di slancio, costanza, e orizzonte.

E’ una pianta che ospita sia gli organi riproduttivi femminili che maschili su se stessa (condizione abbastanza comune in Natura) ma questo aspetto, associato alle sue altezze, mi ha fatto spesso pensare che fosse un simbolo di pienezza in se stesso, una sorta di raccomandazione al “bastare a se stessi”, al ritrovare il proprio femminile e il proprio maschile in se stessi, per poter crescere, prosperare, e nutrire un lungo respiro.

Il profumo è resinoso, con una nota dolce, balsamica, e ad un tratto, una parte del suo aroma ci porta verso una lucidità che parla di ampiezza e di visione “a distanza”. Una sensazione di libertà di pensiero e di visione, naturale, aperta, e lucida.

Bisogna lasciarsi andare un poco a queste sensazioni, restando in ascolto di quanto questa essenza possa parlarci. Ma se per il nuovo anno abbiamo bisogno di orizzonti…potrebbe essere un profumo da usare, sia nella diffusione d’ambiente sia come profumo da meditazione.

A presto e buon Natale!

riconoscersi insieme, con i profumi

I profumi possono portarci lontano, o semplicemente vicino a noi stessi. L’olfatto è il primo senso che si sviluppa già a livello dell’embrione, come fosse la prima scintilla di quella consapevolezza della vita che ognuno di noi porta con sè.

Possiamo recuperare questa dimensione ancestrale, che parla di noi, è con noi, ed è una parte di noi alla quale non possiamo e non dobbiamo rinunciare.

L’olfatto parla di discernimento, di orientamento, di riconoscimento, di appartenenza, e di distanza. Parla dei confini che vanno mantenuti, e di quelli che non ha senso mantenere. Parla alla nostra memoria, e alla nostra capacità di riconoscerci insieme, ancora.

photo Alessandro Di Lago