ingenio facies conciliante placet.”
“Per prima cosa, o donne, curate il vostro carattere: se
l’indole è gradevole piace anche l’aspetto.”
Così Ovidio parla agli inizi del suo testo più conosciuto per la cura della bellezza, il Medicamina Faciei Femineae, che ci permette di sbirciare un pò nei rimedi di bellezza dell’antichità. Scopriamo così l’uso di alcuni composti che oggi sembrano un pò strani, ma che modificati un pò, possono ancora essere interessanti. Ovidio parla in particolare di alcuni composti da spalmare sulla pelle del viso.
Ewan Bellamy foto
Vediamone uno (le seguenti ricette sono degli adattamenti):
* prendi dell’orzo e delle fave (meglio ridotti in polvere), mischia il tutto con le uova, finchè viene una mistura amalgamata; fai seccare questa mistura e poi polverizzala (Ovidio dice “fallo macinare con la mola da un’asina lenta”).
Una volta ottenuta la polvere, setacciala, e uniscila al miele per ottenere un composto da usare come maschera per il viso.
Un’altra ricettina che Ovidio consiglia è questa:
* fai una mistura di finocchi, mirra e petali secchi di rosa; aggiungi incenso. Unisci il tutto a dell’acqua nella quale è stato lasciato macerare dell’orzo.
E’ interessante notare l’uso delle resine, in forma di polvere, e la rosa, da sempre amica della bellezza femminile. Oggi noi potremmo tradurre questa formula utilizzando al posto delle resine l’olio essenziale delle resine stesse, quindi olio essenziale di incenso e olio essenziale di mirra.
E’ da notare anche l’uso dell’orzo e dei legumi: l’orzo, con le sue proprietà antinfiammatorie, è utilizzato non solo nella nostra tradizione ma per esempio anche in quella ayurvedica come antipitta (e anche antikapha); e i legumi, tra i quali forse i ceci sono più conosciuti come rimedio cosmetico, per la cura della pelle come emollienti.
Questi composti così particolari erano di fatto per i romani quello che per noi oggi sono le creme; e vi era un largo uso anche di composti con oli vegetali, sia per la cura della pelle che per la profumeria. Anche i profumi dell’antichità non erano come quelli che abbiamo noi oggi; la loro base era l’olio vegetale, in genere olio di olive acerbe, o olio di sesamo, o di mandorle dolci.
Nella parte finale del testo troviamo questa indicazione:
“Vidi quae gelida madefacta papavera lymphacontereret, teneris illineretque genis” “Ho visto una donna che pestava, e applicava sulle tenere guance, papaveri fatti macerare nell’acqua fredda”