Riflettevo in questi giorni sulla Pasqua come momento di rinascita. Nella tradizione ebraica questo momento corrisponde alla liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù egiziana; nel cristianesimo invece è la resurrezione di Gesù. Troviamo qui due elementi simbolici forti che forse parlano di qualcosa di simile. Di un passaggio da uno stato ad un altro; di liberazione e vita (addirittura una resurrezione). Ecco allora che vediamo in entrambe un simbolo di vita e di trasformazione, del lasciar andare uno stato di costrizione per raggiungere un nuovo livello di vita. In realtà questo nuovo livello di vita è figlio di quello precedente. Ossia, non si tratta di lasciar andare, bensì di trasmutare.
Ecco la Pasqua – il nuovo che viene nelle nostre vite, figlio della trasmutazione di ciò che è stato, e allo stesso tempo con un plus che proviene dal campo delle possibilità. Questo credo sia anche il processo di ogni innovazione – l’esempio famoso dell’automobile, che in fondo non è altro che una trasmutazione del cocchio tirato dai cavalli. O internet, che è la versione contemporanea di una rete che nella vita delle persone c’è sempre stata, sotto altre forme. Allora l’innovazione potrebbe essere proprio questo, creare nel mondo una nuova forma per qualcosa che c’è sempre stato. E qui veniamo al rapporto con gli avi.
Qui non si tratta di tornare indietro, per nulla: si tratta invece di donare uno sguardo alle forze che sostengono la vita. Quando pensiamo di non aver bisogno della nostra storia personale e collettiva, ci stiamo privando di una delle forze che ci mantiene in vita – è un atto di lesione di sè. E allora riprendiamoci in mano. Riscopriamo il valore e il peso di ciò che è stato, per recuperare anche un filo emotivo che è ciò che ci può mantenere in vita nei momenti più difficili. Il tutto con leggerezza: gli affondi non servono per annegare, ma per poter camminare con un passo più leggero, come ci insegnano anche il senso dell’olfatto e l’aromaterapia. Quante volte abbiamo annusato un’essenza, e siamo entrati nel teletrasporto limbico (questa definizione è mia ahaha). Ed ecco che l’aroma manda in visibilio amigdala e ippocampo, per poi mettere in moto tutti gli altri collaboratori che giustamente equilibrano e gestiscono la faccenda (le emozioni se da una parte ci rendono vivi, dall’altra offuscano la lucidità in un batter d’occhio e forse per questo le temiamo così tanto).
Ricordo a questo proposito quando “per caso” risentii il profumo che usava mia nonna, sparso nella camera di una mia zia, e che letteralmente mi fece bloccare. Cioè mi fermai (si fermò il mio corpo) perchè aveva riconosciuto qualcosa che non sentiva da molti anni. Il tempo di riconoscimento fu breve, e l’emozione immediata. Quel profumo mi emozionava ma non ricordavo perchè. Così chiesi a mia zia che mi disse che era il profumo più usato da mia nonna. Per me fu un momento importante, lo ricordo ancora bene e quel profumo l’ho recuperato e lo tengo caro, una sorta di strumento magico di rievocazione, una porta nel tempo e nello spazio che non mi fa solo sentire il passato, ma mi parla di una storia che mi dona vita ancora oggi.