Il timo (Thymus vulgaris) ama i territori aridi e soleggiati, ed è una pianta fortemente aromatica. Nella tradizione è stata utilizzata a scopi rituali, curativi e culinari.
L’ essenza sprigiona forza e respiro e può essere utilizzato in tutti i casi nei quali ci sia bisogno di energia e di recupero.
La sua fragranza pungente, aromatica, respiratoria e spesso fenolica corrobora sia mentalmente che fisicamente.
E’ un olio essenziale per le persone che hanno bisogno di recuperare in tutti i sensi, sia sul piano fisico che a livello emotivo. Nella tradizione ippocratica è considerato Caldo e Secco; la pianta utilizzata come spezia da condimento può essere utilizzata soprattutto nella stagione fredda per recuperare “calore interno“. In Ayurveda vengono riconosciute al timo proprietà anti-Kapha, quindi calde e compensatrici dell’umidità e della stagnazione. Allo stesso tempo persone con struttura Pitta dovranno porre attenzione al suo uso che può risultare troppo forte.
In aromaterapia esistono diversi oli essenziali di timo, e uno dei più utilizzati è Thymus vulgaris ct. linalolo. Diffuso nell’ambiente, o poche gocce per un pediluvio (un paio di gocce in un cucchiaio di sale grosso) possono essere di supporto in tutti i casi di profonda stanchezza interiore e fisica; ha qualità balsamiche, antibatteriche e antivirali, ed è adatto d’inverno alle persone che soffrono il periodo freddo e hanno bisogno di energia “calda e pulsante”. Nel caso si utilizzi un olio essenziale di timo del quale non si conosce il chemotipo, secondo me è meglio farne un uso attento, in quanto l’olio essenziale può risultare aggressivo per la pelle e le mucose. Allo stesso tempo il suo aroma per certi versi “selvatico” è da non perdersi, e utilizzare la spezia in cucina è uno dei modi di inserirlo nel nostro mondo olfattivo quotidiano.
Oggi ho il piacere di incontrare il dott. Luigi Giannelli, del quale ho seguito alcuni corsi, per parlare della Medicina tradizionale mediterranea.
– “Come è iniziata la sua passione per lo studio dell’antica medicina mediterranea?”
Fin da adolescente sono stato attratto dalle erbe e dalla “chimica strana” (per quei tempi!); al tempo dell’Università, come molti ragazzi, aderii ad un gruppo politico “filocinese”; sapevamo, in modo non chiaro, ma molto ben propagandato dai Cinesi stessi, attraverso le loro riviste in italiano che arrivavano in Italia, dell’esistenza di una grande medicina alternativa (quella cinese, con l’agopuntura e soprattutto l’uso delle erbe al posto dei farmaci!).
Successivamente “finita la festa”, ma conservata la passione, sempre all’Università, mentre preparavo la tesi, intorno al 1977, conobbi due sorelle di San Gimignano, che gestivano il locale Museo Archeologico, pur essendo studentesse di medicina.
– “Questo incontro fu fondamentale!”
Là scoprimmo antichi vasi (in ceramica dipinta, di una bellezza surreale), ancora chiusi e in un locale accanto una montagna di libri antichi (tra il 1500 ed il 1700), mai catalogati e classificati dal Comune – e qui risalta la nostra onestà: potevamo farne man bassa! – dove si riportavano le formule del contenuto di quei vasi. Gli stessi contenevano sia erbe sia preparati complessi fabbricati nella Spezieria dell’Ospedale di Santa Fina. Poi trovammo anche dei contenitori in vetro soffiato, in forme curiose ed anche questi assolutamente meravigliosi, che contenevano le preparazioni spagiriche!
– “Questa scoperta è stato l’inizio di un percorso durato una vita intera…”
Da questi eventi è nato tutto: la scoperta di una Medicina complessa e coerente come quelle Cinese ed Ayurvedica, erede delle Dottrine mediche risalenti, per tramite della Scuola di Kos/Ippocratica, della medicina egizia e mesopotamica. Da qui attraverso gli anni abbiamo trovato fisiologia, patologia e soprattutto la Fisiognomica, come raffinata arte diagnostica e l’uso delle erbe sulla base di principi (razionali) diversi da quelli moderni.
– “Quali sono le figure fondamentali nella storia della Medicina mediterranea?”
– La maggior parte delle figure più antiche ci sono ignote; anche perchè si può dimostrare questa sequenza: oservazione dei fenomeni nel Paleolitico; prosecuzione nel Neolitico e attraverso resti importanti delle antiche Civiltà (la Fisiognomica, legata alla Medicina e non solo, si trova descritta in tavolette Babilonesi; la farmacologia in testi Egizi; possiedo una copia tradotta da amici del celebre Papiro di Ebers, citato da tutti, ma assolutamente sconosciuto in Italia).
I medici antichi con i quali ho lavorato sono Ippocrate, ma anche filosofi come Platone e Aristotele e i suoi seguaci (come Teofrasto) si occupavano di medicina e fisiognomica; poi sono giunti i Romani, con Dioscoride e Galeno e gli stessi naturalisti come Plinio il Vecchio (che era un comandante di una flotta della marina militare imperiale – morì soffocato dai vapori dell’eruzione del Vesuvio, mentre cercava di portare soccorso agli abitanti delle città campane, poi distrutte (come Pompei). Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente emergono alcuni grandi autori bizantini, come Paolo di Egina e Alessandro di Tralles; dopo il VII° secolo emergono i grandi medici Arabi (o di lingua e cultura arabo-islamica). I più importanti sono Mesuè, Razes e Avicenna.
Nel Medio Evo europeo emergono alcune figure o legate alle scuole mediche come quella Salernitana (Plateario; ma vi facevano parte anche donne come Trotula e Abella); indipendentemente da tutti emerge un’altra figura femminile, che fonde medicina e misticismo (ma rispettando la Dottrina Umorale Ippocratico/Galenica) la Santa, oggi dichiarata “Dottore della Chiesa” da Papa Ratzinger, Ildegarda di Bingen, uno degli spiriti più elevati del Medio Evo “nostrano”. Poi nel Rinascimento arrivano i grandi Maestri come Mattioli, Fernel, Ruell, Fuchs, Nostradamus, Rabelais (ebbene si, erano medici anche questi ultimi due!).
– “Quali erano i rimedi più usati nell’antichità?”
Non si può certo dire in breve quali erano i rimedi più usati; possiamo descrivere le categorie, semmai; la categoria più usata nell’antichità erano polveri, decotti, infusi; poi, fin dal mondo greco e fabbricati fino alla fine del XVIII° secolo furono gli Elettuari, ovvero polveri di piante e altre sostanze, ridotte in pasta dura, per mezzo di vari liquidi (acqua, miele, aceto, vino e chi più ne ha, ne metta! Per l’uso esterno si usavano unguenti, fatti con estratti oleosi, resine, cera d’Api e anche vari minerali.
Poi c’erano vari tipi di empiastri e “paste” da applicare esternamente. Insomma una ricchezza ineguagliabile oggi.
– “C’erano piante più usate di altre nella tradizione mediterranea?”
Delle piante usate oggi non c’era molto; certo il rizoma di Iris, il corpo fruttifero dell’Agarico bianco, il Camedrio, la Centaurea Minore, l’ Enula, il Cumino, la Nigella… potrei continuare… ma soprattutto tra le più amate ci sono piante che oggi nessuno nemmeno saprebbe cosa farci e funzionano! Oh, se funzionano!
– Grazie dott. Giannelli per la grande disponibilità…Per chi vuole approfondire quale dei suoi libri possiamo consigliare?
Sicuramente il libro “Medicina tradizionale mediterranea” edito da Tecniche Nuove, che racchiude molte informazioni e può essere un buon modo di avvicinarsi a questa antica Medicina.
L’erboristeria del dott. Giannelli si trova in Piazza delle Sorgenti 35/A, a Bagno Vignoni – San Quirico d’Orcia, (Siena), tel. 0577 888944